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IV.

MAGDALÀ.

Le alture di Magdalà potrebbero paragonarsi, per la forma che presentano, ad una specie di opera a corona, il cui saliente sarebbe rappresentato dall' altura di Salassie, e i due mezzi bastioni da Magdalà stessa, e dalla roccia di Falla. Le due alture di Salassie e di Falla, unite fra loro da una cresta di circa mezzo chilometro di lunghezza, s' innalzano su una parete rocciosa che si protende grossolanamente da Oriente ad Occidente, e che costituisce verso Settentrione la testa di valle di un piccolo torrente, l'Arroghi, che va a sboccare ad angolo retto nel Bascilo.

Una stretta lingua di terra, detta piana di Islamghi, limitata ai due fianchi da roccie a picco, dalle falde di Salassie si protende a mezzogiorno sino ai piedi di Magdalà, e forma, per così dire, la cortina del fronte di destra.

Le roccie che limitano verso l'interno l'insieme dell'opera intiera sovrastano ad una estesa pianura situata assai basso e che potrebbe paragonarsi, per la posizione che occupa, al terrapieno dell' opera.

Verso l'esterno, le due alture di Magdalà e Salassie dominano un vasto imbroglio di burroni e di roccie quasi inaccessibili; ma Falla, per contrario, si innalza a poca altezza sopra le colline a larghe ondulazioni, che si staccano dalla sua falda occidentale ed appartengono al versante sinistro del torrente citato più sopra.

Delle tre alture la più elevata è quella di Salassie, viene in seguito Magdalà e da ultimo Falla.

Il pianoro di Magdalà è, presso a poco, un quadrilatero di 2000 metri di lunghezza per 800 di larghezza, che finisce da tutte le parti con roccie tagliate a picco. La parete settentrionale che sovrasta alla pianura di Islamghi, pre

senta però qualche irregolarità e forma, per così dire, due scalini; il primo dei quali ha cento metri di altezza mentre l'altro non ne ha che venti.

Due scale, tagliate nella roccia, conducono dalla pianura al primo scalino e da questo al secondo; ma lungo il ciglio si del primo che del secondo è disposto un muricciolo sormontato da siepe; e le porte e barriere praticatevi alla testa delle scale stesse sono coperte da tettoia e presentano una tal quale solidità.

Quei due muriccioli e quelle due barriere sono le uniche opere di fortificazione aggiunte alla forza naturale del luogo, e nè a Falla, nè a Salassie, non esiste il benchè menomo parapetto.

La strada che noi abbiamo seguita (quella stessa costrutta da re Teodoro), s' interna, oltre il Bascilo, nel letto del torrente Arroghi sino a raggiungere il piede delle alture che si staccano dalla falda occidentale della roccia di Falla; superate quelle alture, la strada torce a sinistra, va a passare sotto Falla stessa, lungo la parete settentrionale della roccia, e valica finalmente la piccola cresta che unisce Falla a Salassie. Appena giunta sull'altro versante della cresta stessa, la strada si divide in tre: una volge a destra e si porta su Falla, la seconda prende a sinistra e conduce a Salassie, la terza finalmente lascia a sinistra la roccia di Salassie e va a perdersi nella pianura di Islamghi in numerosi sentieri che conducono tutti ai piedi di Magdalà.

Un breve sguardo al terreno basta a convincere che, da qualunque parte si venga, per giungere a Magdalà bisogna seguire quella strada: e, dal punto di vista militare, non occorre nemmeno dire che qualunque operazione contro Magdalà dev'essere preceduta dall' occupazione di Falla e Salassie.

Il campo di re Teodoro era stabilito nei primi giorni d'aprile sotto la roccia di Islamghi su d'una vasta spor

genza della falda settentrionale; ma dal giorno 8 in poi si potè osservare dall' altipiano di Talanta ch'egli s'era portato ad occupare anche l'altura di Falla. Quanto alla forza del suo esercito, correvano le voci più disparate: si seppe poi che i veri combattenti si riducevano a tre o quattro mila e che tutti gli altri, ventimila circa, erano donne, vecchi e fanciulli: le famiglie insomma de' suoi soldati.

Il giorno 10, alle una circa dopo mezzogiorno, tutte le truppe della prima brigata passavano il Bascilo e si incamminavano per la strada descritta più sopra: avanzatesi però di qualche chilometro nel letto del torrente, torcevano a destra per portarsi ad occupare, non viste, le prime alture ad occidente di Falla. Era stato ordinato che il movimento fosse condotto colla massima prudenza e in modo da non attirare l'attenzione del nemico: si voleva occupare per quella sera una buona posizione, e attendere ivi l'arrivo della 2a brigata, che doveva aver luogo la notte, per procedere poi tutti insieme all' attacco la mattina del giorno dopo.

Ma una generosa imprudenza mandò a vuoto quel progetto; e il nemico, accortosi verso le 4 del movimento della prima brigata, lasciò subito i suoi campi, e in masse confuse venne a precipitarsi all'attacco.

La brigata, sorpresa quasi, dovette riparare alla meglio, mandando a respingere il nemico le prime frazioni di truppe che si trovarono alla mano; e cosi entrarono quasi contemporaneamente in azione parte del 23° (Punjab Pioneers) parte del 4° fanteria inglese e parte del 27° (Beloochee).

Il fuoco micidiale del fucile Snider ebbe ben presto ragione dell' eroismo selvaggio degli Abissini, e agli urli feroci che avevano accompagnato il loro avanzarsi succedettero allora le grida di centinaia di feriti e il triste spettacolo di una fuga scompigliata. In quel frattempo, erano giunti sul luogo una batteria di montagna e la bat

teria di racchette, e avevano aperto il fuoco dapprima contro i fuggiaschi, poi contro il campo nemico. Re Teodoro non volle rimanere da meno, e dall' altura di Falla apri anch'esso il fuoco di sette pezzi: fuoco però affatto innocuo, vuoi per la poca portata di quelle armi, vuoi per la cattiva direzione del tiro.

La cosa durò due ore, vale a dire, sin circa le 6: dopo di che le truppe di re Teodoro, che non s'erano disperse, si ritirarono ai loro campi, e le truppe inglesi presero posizione al piede di Falla, circondandosi d'avamposti e coprendosi dietro ripieghi del terreno.

Quest' azione fu chiamata Arroghi action dal nome della località.

Gli Abissini erano armati in gran parte di lancie e scudi, e in piccolo numero di moschetti; le perdite da parte inglese sommarono a 19 feriti (1 ufficiale e 18 soldati), nessun morto, nessun prigioniero. Le perdite da parte degli Abissini, verificate il giorno dopo e confermate dalle relazioni dei prigionieri europei, raggiunsero l'enorme cifra di 370 morti e circa 250 feriti; due soli furono fatti prigionieri durante l'azione. Ebbero parte principalissima nei danni arrecati agli Abissini il fucile Snider e la mitraglia dei piccoli pezzi da montagna: le racchette ebbero un effetto morale immenso e poco più. Si calcola che in quelle due ore siano stati sparati da parte degli Inglesi 19,000 colpi circa di fucile, e 400 circa di cannone e racchette.

11 aprile. Durante la notte venne a raggiungere il campo la 2 brigata tutta intiera, e alle 5 del mattino le truppe si disponevano già in ordine di attacco: la 1a brigata in prima linea, la 2a in seconda linea, e l'artiglieria in buone posizioni per proteggere ed assecondare il movimento. Ben presto però si spargeva nel campo la voce che due dei prigionieri si trovavano nell' attendamento del generale in capo. Io mi vi recai immediatamente, e nella

tenda del generale Merewether trovai infatti il luogotenente Prideaux e il Sig. Flad.

Erano mandati dal Re per conoscere a quali condizioni Sir Robert Napier avrebbe data la pace.

L'effetto morale dello sfracello del giorno innanzi era stato immenso: la maggior parte dei soldati abissini che erano usciti per combattere non erano più rientrati e i pochi rimasti si mostravano assolutamente avversi a continuare la lotta: il Re mezzo ubbriaco di tegg (1), aveva fatto ogni sforzo, dopo il combattimento, per ricondurre un po' d' ordine e di coraggio nelle sue file, ma non ci era riuscito e s'era ridotto a passare la notte sull'altura di Falla, piangendo e gridando di dolore e di rabbia. Verso la mattina i fumi del tegg s'erano dissipati ed egli aveva potuto giudicare a sangue freddo la sua disperata condizione: chiamati a sè i signori Flad e Prideaux, prese in mano una racchetta, e mostrandola loro, esclamò con un tuono tra il tragico e il burlesco: « cosa volete che faccia > contro un nemico che dispone di simili armi? avevo » creduto finora di essere un gran re, ma m' accorgo ora » di avere a che fare con un re ben più possente di me: > andate a chiedere a quali condizioni mi si vuol dare la

» pace. »

Le condizioni di sir Robert Napier si limitarono alla seguente: Resa a discrezione; e l'unica promessa fu che la vita del re sarebbe stata salva.

Verso mezzogiorno i due ambasciatori lasciarono il nostro campo; non troppo soddisfatti, in verità, giacchè temevano che la risposta di cui erano latori attirasse una decisione terribile da parte del Re. Quest' ultimo infatti nel leggere la risposta di sir Robert proruppe in un accesso di sdegno, e i prigionieri credettero, per un momento, che l'ultima ora fosse suonata per loro. Ma quale

(1) Specie di birra fatta con orzo e miele.

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