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occasione che si diede ai negri quella lezione sull' efficacia delle armi da fuoco, che già vedemmo descritta dal Terranova. Il 9 aprile non si vedeva anima viva sul fiume, e si seppe poscia che i Bongiak si erano ritirati in corpo davanti ad un' invasione dei temuti Nuer, due soli de'quali bastano a porre in fuga tutta la popolazione d'un villaggio. Il 12 cadde la prima pioggia e l' acqua crebbe, ma tosto scemò, e lasciò i mercanti nella tristissima loro situazione, dalla quale non poterono trarsi finchè, parecchi mesi dopo, abbondanti pioggie resero possibile scendere pel Sobat fino alla confluenza del Nilo bianco.

Il viaggio del 1861 fu consacrato dal De Bono alle regioni del Nilo bianco al sud di Gondocoro, il villaggio bari ove egli fondò il primo de' suoi stabilimenti commerciali, e dove come già vedemmo altrove, era stata soppressa da poco una missione cattolica spesata dall' Austria. Risalendo il Nilo da questo punto trovansi sulla destra del fiume (quindi a sinistra di chi risale) i monti Belegnan e dirimpetto a questi sull' opposta sponda i monti Regiof e Canufi (Kunupi di Beltrame). Più oltre si entra nel territorio della tribù dei Lochi o Locaja. Il fiume si divide spesso in canali, forma isole di varia ampiezza e presso il 4° grado precipitasi da rupi formando le cateratte che dicono di Carbo. A notevole distanza verso oriente vedonsi de' monti staccati e più oltre la catena dei Sersera che pare annodarsi a settentrione con quella dei Liria. La tribù dei Bengiuren scorre le solitudini fra i Sersera e la destra del Nilo. Ad otto o dieci miglia superiormente alle cateratte di Carbo il fiume diviso in due rami ricinge la montuosa isola Korak e fa altre cascate dette Korki. Qui si entra nel territorio dei Galuffi e dei Madi che stendonsi fin verso il 2° grado e danno al fiume il nome di Liulina. Circa il 3o 12' un po' al nord delle cateratte Makedo, De Bono fondò il suo secondo stabilimento. Ivi raccolse notizie sui paesi posti verso l'equatore, ma a quanto pare

dalla sua carta, assai imperfette. Infatti mentre la carta ci mostra una quantità di piccoli tributarii designati coll'epiteto di sorgenti fà continuare il fiume a mezzodi e presso il 2o grado lo fà dividere in due bracci che restringendosi quasi a foggia di prima sorgente volgono alquanto all'est e ci lasciano nella più completa oscurità per tutto quel tratto del fiume che si stende fino ai grandi laghi serbatoi, e che ci venne svelato dai recenti viaggi di Speke, Grant e Baker. Dei vastissimi laghi Alberto e Vittoria non v' ha la minima traccia, ed è cosa incomprensibile che De Bono non potesse averne notizia, massime per il primo il quale, come ora è noto, si allunga a settentrione fin presso il 3° grado, e quindi giunge ad una latitudine compresa nella sua carta non distando più di 30 miglia dal secondo stabilimento da lui fondato nel paese dei Madi alla falda dei monti Grua. Queste circostanze indussero alcuni a sospettare che il viaggiatore poco esperto ne' difficili e dilicati procedimenti con cui si determinano le latitudini abbia errato di qualche frazione di grado ed assegnata ai luoghi scoperti una latitudine più bassa della vera; ma noi dobbiamo avvertire che i cartografi più accreditati e perfino quelli che delinearono la carta che accompagna il viaggio di Speke e Grant pubblicata nel 1866 nei Proceedings della Società geografica di Londra, accettano e segnano il secondo stabilimento De Bono a 3° 12' di lat. settentrionale, ossia a 32' al nord di quel punto ove il Nilo esce dal lago Alberto scoperto da Baker.

Da Gondocoro De Bono fece parecchie escursioni verso l'oriente e verso l'occidente. La sua carta ce ne indica due principali, una delle quali ai monti Liria, Acubo e Lui circa un grado di longitudine all' est da Gondocoro, l'altra al fiume Giur nel paese dei Jambara, circa due gradi di longitudine nell' opposta direzione. Quest'ultima lo condusse pei villaggi di Vario, Ruo, Onkasiat, Lumuri, Locosta, Bora e Muri attraverso una regione sparsa di monti iso

lati, fra' quali quelli di Kernio, Locono e Mileh nel meridiano stesso di Lumuri. Al mezzodi di Muri, nella medesima longitudine, vediamo segnata una catena coi nomi Makarakka i quali si riferiscono senza dubbio al confine, da oriente a mezzodi, del vasto paese dei Niam-Niam del quale Antinori toccò l'ingresso, e Petherick nel 1858 percorse per breve tratto fino al villaggio di Mundo (1). Sulla destra sponda del Jeji di Morlang (2) il De Bono fondò il suo terzo stabilimento in un distretto popolato dai Bora.

Ci resta ancora a dire di Giovanni Miani. Egli percorse nel 1859-60 il Nilo superiore, penetrando al sud di Gondocoro per circa un grado e mezzo, mercè gli aiuti che potè avere da Andrea De Bono, dal nipote Amabile, e dalle loro genti.

Di questo suo viaggio in traccia delle sorgenti del Nilo, e di altri due che dal Cairo e da Suakim lo condussero a Cartum, si è parlato con fama diversa, per modo che fra il contrasto delle opinioni di coloro che tutto a lui negarono, e di altri che fidenti nelle sue asserzioni, tutto gli ammisero, è sembrata a molti cosa malagevole di formarsi un sano e coscenzioso giudizio del suo carattere, del suo valore reale, e della sua abilità come viaggiatore. Questi dubbi peraltro cessano quando uno si faccia a leggere ciò che ne hanno asserito uomini autorevoli, onesti, testimoni dei fatti da lui compiuti, e quando si prendano a considerare le stesse sue pubblicazioni.

La lunga e monotona serie di articoli, provocati o scritti da lui da dieci anni in qua, e che trovansi sparsi nei pe

(1) Sulle prime si attribui in Inghilterra esagerata importanza a questo viaggio come se Petherick avesse raggiunto l'equatore, mentre invece Mundo ne dista 3o 30'. In appresso nuovi viaggi entro il paese dei Giur chiarirono meglio le cose, e si fini coll' ammettere che la via di Petherick non fosse stata percorsa da lui ma da uno dei suoi fattori. Veggasi quanto in proposito estesamente ne dice l'Antinori nella memoria inserita nel 1° fascicolo della presente pubblicazione a pag. 145 e seguenti.

(2) Veggasi, poche pagine addietro, la relazione del viaggio di Beltrame.

riodici e nelle riviste estere ed italiane, non che quei libercoli che il Miani si è dato cura di pubblicare a Torino, Venezia, a Trieste, a Malta e in Cairo, base delle sue speculazioni nilotiche, non servono a parer nostro che a dimostrare due cose: l'una il poco o niun profitto venuto alla geografia dai suoi costosi e clamorosi viaggi; l'altra il bisogno continuo ch' egli ha provato di giustificare i suoi insuccessi, ed i molti mezzi dispersi, coll' accagionare al tradimento dei compagni, alle sommosse dei soldati, all'invidia e alla gelosia, ciò che non fu che la conseguenza del suo orgoglio, e de' suoi imperdonabili errori.

Dalle considerazioni generali, passando ai fatti parziali e cogniti, dovremo dire che i suoi disegni ebbero appoggio se non origine, dalla amicizia contratta in Egitto col signor Amedeo Poussel, giovane colto e ricco di aderenze in Francia. e che il mezzo principale per trovar modo di compierli, fu la pubblicazione della carta sul corso del Nilo che gli riusci di pubblicare a Parigi nel 1858 (1), ed a smerciare in larga copia in Egitto per via di azioni di 250 lire. Il Miani asseri che quel lavoro (il cui merito reale si riassume nella perfetta esecuzione degli artisti parigini) fu fatto da lui sulla faccia dei luoghi, mentre tutti che lo conobbero in Egitto sanno perfettamente, che tranne l'opera di compilazione, che forma tutta la parte vecchia della carta, la parte nuova e ipotetica, quella appunto sopra cui basarono le sue pretese ricognizioni dell'alto Nilo venne tolta da lui ad un lavoro inedito del botanico Figari Bey che da quanto sappiamo data dal 1855 (2). Per giustificare poi presso il pubblico il modo con cui era riuscito a porre assieme le indicazioni che la detta carta contiene sulle sconosciute regioni del Nilo, il Miani racconta come nel 1856,

(1) Carte du cours du Nil depuis les sources presumées. Paris, Bertrand, 1858.

(2) Lettera inedita del prof. Figari Bey, diretta dal Cairo all' Antinori, 19 marzo 1868.

viaggiando la Nubia in compagnia dei giovani francesi Revol e Poussel, egli vestito da arabo e solo si conducesse a Cartum e di là sopra una barca di Gattas, negoziante cofto, partisse alla volta di Gondocoro, senza farsi conoscere da nessuno. Dalle più esatte relazioni raccolte tanto in Egitto che in Cartum, questo fatto non si verifica, e d'altronde il Miani non avendoci saputo dire dove, come, e quando si separasse da' suoi compagni, egli ci concederà di non prestar fede a questo suo racconto, ma di riguardarlo come un mezzo poco lodevole adoperato da lui per dar credito alla sua carta ed ai suoi progetti.

Per mezzo del signor Jomard presentata questa carta tuttora inedita alla Società Geografica di Francia, e perorata la sua causa dall'illustre scenziato Isidoro Geffroy de Saint-Hilaire, venne accolto fra i membri di quella illustre accademia.

Inciso che fu il lavoro, venne fatto conoscere a S. M. Napoleone III, che col mezzo di S. E. il Maresciallo Vaillant, in allora ministro della guerra, forni al Miani le armi occorrenti alla spedizione, che fu immediatamente organizzata sotto gli auspici di quel sovrano. Gli amici di Francia, al pari di quelli d'Egitto, furono a lui generosi di aiuti e di protezione, tanto che potè ottenere che le sue casse gli venissero inviate senza spesa ad Alessandria d'Egitto. Al Cairo, il Vice-re gli accordava firmani pei quali le autorità della Nubia e del Sudan egiziano dovevano procacciare ogni agevolezza alla spedizione (1).

Il 10 maggio 1859 il Miani mosse dal porto di Bulak con due barche, una delle quali portava il materiale, l'altra le persone della spedizione. Questa si compose dei signori Amedeo Poussel di Avignone, Dumas pittore parigino, Peghoux di Marsiglia, capitano mercantile, Beltrand interprete armeno, e parecchi servi. Avrebbero pure dovuto esservi

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(1) Miani, Spedizioni all' origine del Nilo. Rivista contemporanea, 1862, vol. XXVIII-XXIX.

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