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di tasio (1). Vero è che la presente ignobiltà del balineum del Celio proviene in buona parte dall'essere stato quel luogo, come gli altri, spogliato di ogni suo addobbo, prima che fosse abbandonato; non pertanto a me piace oltremodo il vederlo così, essendo troppo conveniente che in una dimora di cristiani e di santi risplendesse meglio la semplicità degli antichi che non il fasto dell'impero. Per quanto ricca e nobile fosse di fatto la casa dei santi Giovanni e Paolo, noi non vi abbiamo finora veduto, nè vi vedremo alcuno sfoggio di vani abbellimenti. Riguardo poi all' assoluta oscurità del bagno, essa provenne dai lavori fatti per la costruzione della basilica. Il muraglione delle colonne, ricordato a pag. 37, incontrandosi in tal punto da destra e da sinistra, tolse a quelle sale ogni comunicazione coll'esterno, sì per la luce e sì per

l'aria.

Comunque ciò sia, non mancano ivi avanzi di altri bagni, di maggior conto che non sono i già indicati. A breve distanza da questi e sul medesimo piano, nel luogo zz, dove l'anno 1856 venne fabbricata la nuova sagrestia della basilica, fu scoperta e poi risepolta una gran sala termale. Dalla descrizione fattane dai contemporanei, essa rassomiglia per forma e struttura ai belli ipocausti pompeiani. Avea il pavimento pensile, rivestito di sottili lastre di marmo bianco, in cambio del mosaico, che trovasi, non ne intendo il perchè, nell'hypocausis sottostante. Nè mancavano incrostazioni marmoree nelle pareti della sala anzidetta, e simili fornimenti, che vennero ammirati al momento della

(1) Ibidem.

scoperta, tuttochè buona parte di quel luogo fosse allagata di acqua stagnaute. Altre stanze adiacenti, ornate di mosaici e pitture, furono appena vedute, ed ebbero la medesima sorte delle prime, di essere manomesse e poi ricoperte di terra. Ignoro se questo più nobile balineum venisse costruito dopo l'abbandono del precedente, ovvero se servissero entrambi ad un tempo medesimo, pel comodo della famiglia. Nella pianta ho disegnato soltanto il primo, non avendo potuto vedere coi propri occhi il secondo, e prenderne esatte misure.

Aggiungo quì in ultimo brevi parole per descrivere alcune altre stanze AA, BB, CC, HH, ecc., scoperte sotto l'abside della basilica e fuori in quel torno. Ho dubitato se appartenessero alla dimora dei Santi, per non aver finora scorto veruna via di comunicazione fra i due edifizi, i quali sono inoltre di diversa età, separati l'uno dall'altro dall'intercapedine di un centimetro, lasciata fra muro e muro, allorchè la nuova fabbrica venne ad adattarsi sulla vecchia. Si svolge questa dentro uno spazio rettangolare di circa venti metri nel maggior lato, e di dieci nel minore, il quale in origine sembra che non fosse tramezzato da verun muro interno, dappoichè i due o tre scompartimenti che ora vi si veggono, ss, tt, gg, sono del IV secolo, mentre le pareti dintorno, ad opera reticolata, sono del III almeno. Da nessun verso ho potuto scorgere indizi certi di volta, che all'altezza di più di cinque metri dal piano del pavimento non avrebbero dovuto mancare. Laonde si può credere essere stata la copertura un tetto morto fatto di legno. E sopra vi sarà stato un aotýpiov, terrazzo o loggiato scoperto, che i latini appellavano

solarium, pergula, maenianum (1). Lo giudico dai vestigi di porte e finestre che vi si vedono in alto su due pareti, e dalle riseghe del muro, le quali accennano a punto di appoggio per un tabulatum in piano. Senza di che, l'esposizione a sud-ovest di questo lato della nobil dimora, in un sì magnifico orizzonte, di dove si scoprono l'Aventino e il Palatino, il Colosseo ed il Foro, è cosa che fa pensare ad un maenianum, ancorchè non ve ne apparisca traccia veruna.

Che cosa vi fosse poi sotto il loggiato, non bene riesco ad indovinarlo, tra perchè non ho ancora terminato l'escavazione su quella zona, e tra perchè la fabbrica dell'abside della basilica fu ivi cagione di grandissimi guasti. A giudicarne dalle pitture, onde sono decorate le interne pareti degli accennati scompartimenti, sarebbero questi altrettante stanze. Prima inclinai a crederle tabernae, o botteghe annesse alle aedes, per potere così spiegare la mancanza di comunicazione fra queste e quelle. Ma la soverchia loro distanza dalla via e la presenza di altri muri intermedi, scoperti di poi, mi fecero abbandonare affatto tale congettura. D'altra parte le finestre della casa, che al pianterreno si aprono sopra il descritto rettangolo, indicano luogo aperto, donde si prendeva aria e luce, e perciò me lo ha fatto credere un porticale o cosa simile a portico. E questa congettura mi pare la più verisimile, come quella che meglio lega insieme le varie cose da me vedute e studiate sul luogo. Allora quegli scompartimenti non sarebbero stati nè

(1) PLAUTO, Mil., II, 4, 25. MARCHI, op. cit., pagg. 39, 11, ecc.

ISIDORO, Orig., XV, 3, 12. — DE
DE ROSSI, R. S., III, pag. 474.

stanze nè botteghe, ma androni o fondi semiaperti, sopra cui poggiava il solaio delle logge dei due piani. Lo spazio poi che rimane fra il porticale coperto ed il muro opposto, sarà stato per avventura un cortile, un passaggio scoperto, una subdialis deambulatio (1), un giardino, o cosa simile. La copia di frammenti di lastre marmoree, di mosaici, di basi e rocchi di colonne striate e lisce, d'intagli e bassirilievi di ogni fatta, e di stucchi dipinti da me ivi trovati, mi confermano

Figura 4.

vie meglio nell'opinione, essere stato quel luogo molto bello e ricco, come sempre lo erano nelle case romane quelle parti che servivano di ritrovo per trattenervisi in festini, giuochi ed altri sollazzi. Avanzi manifesti di un altro por

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tichetto con loggia, eguale al descritto, si scorgono altresì dal lato della casa che fa angolo a settentrione col precedente. Il disegno che qui riproduco, (fig. 4), è una interpretazione di essi avanzi attentamente studiati sul posto. Ho poi detto di non aver finora trovato via di comunicazione fra l'edifizio in questione e quello della casa, e con tai parole non ho inteso escluderne una, che può benissimo trovarsi

(1) PLINIO, parlando dei portici della casa di Livia al Palatino, Hist. nat., XIV, 3, 2.

dalla parte del cavaedion e delle sue ale, che non sono ancora sterrate. Indi il dubbio proposto in principio, se le stanze ad ovest dell'isola debbano dirsi parte della domus Sanctorum, ovvero di altra ad essa congiunta.

Questo è quel tanto che mi era proposto di dire, per far conoscere le diverse parti onde si componeva la casa dei santi Giovanni e Paolo. Non mi dilungo di più, perchè credo di avere con questo poco raggiunto sufficientemente il mio scopo; e senz'altro passo a descrivere le pitture, onde la casa stessa fu decorata.

CAPO QUINTO.

Pitture decorative della Casa del Celio.

Le copiose scoperte di edifizi romani, fatte in questo secolo più che mai, a Roma ed a Pompei, sono venute e vengono tuttodì a metterci sotto degli occhi l'uso ed il metodo che ebbero gli antichi di decorare con pitture l'interno delle lor case. Le stanze, i corridoi, gli atrii, ogni parte di una dimora, quantunque poco agiata, avea le pareti e le volte decorate di pitture bellissime, od almeno più o manco artisticamente colorate (1). L'amore del lusso, il gusto delle belle arti, il pensiero religioso e perfino la mollezza

(1) Cf. BOISSIER, Rome et Pompei, pag. 350. KONER, Rome, O. JAHN, Darstellungen des Handwerks und Handels

pag. 108. verkehrs.

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