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vaga dovesse apparire questa dimora, allorchè i santi Martiri vi abitavano. Disgraziatamente sono rottami sfuggiti alle mani crudeli e rapaci di chi volle rapire da quelle stanze le loro più belle ricchezze. Lastre di ogni forma, cornici, bassirilievi, fasce,`quadrelli, colonnine, capitelli, basi e simili, tutti lavorati con finissima arte, sono stati da me raccolti in grandissima copia su tutti i punti in cui ho portato l'escavazione. Il caristio,. l' alabastro, il nero e verde antico, il coralatico, il fugite, il porfido, il granito, e cento altre specie di marmi pregiati conosciute ed adoperate in Roma, e ricordate da Vitruvio e da Plinio (1) servirono ad abbellire coi loro vari colori le diverse sale di quegli appartamenti.

Il più però ed il meglio dei marmi piani era posto nei pavimenti. Dalle scoperte di Pompei e da quelle che tuttodì si van facendo, particolarmente in Roma, possiamo far ragione dell'importanza che gli antichi davano alla decorazione dei pavimenti (2). Di questi se ne facevano di più specie. I più comuni erano coperti con ampie lastre quadre di terra cotta ben levigate, ovvero con mattoncini legati insieme con colla di calcina e disposti a foggia di spina di pesce, e dicevansi opus spicatum, per la loro somiglianza colla spiga (3). Altri consistevano in un semplice strato di astraco e coccio pisto ben compatto, che era l'opus

(1) Op. cit.

(2) Cf. NICOLINI, Gli ornati delle pareti e i pavimenti delle stanze dell'antica Pompei, Napoli, 1796. ZAHN, op. cit. - O. JAHN, Dar

stellungen des Handwerks und Handelsverkehrs.

(3) VITRUVIO, VII, I, 5. PLINIO, XXXVI, 62.

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signinum (1). Tutte e tre queste fogge ordinarie furono adoprate nella casa celimontana in alcune cripte e celle di uso domestico. Venivano in secondo luogo le lastre di marmo di forma quadrata e di un sol colore, che componevano il più semplice fra i pavimenti di lusso. Più d'una stanza dell'appartamento dei santi Giovanni e Paolo fu lastricata in tal guisa, come si fa chiaro dalle regolari impronte rimaste sull'astraco poichè i marmi vennero tolti di là. Altrove si fece uso del mosaico di un sol colore bianco senza altro ornato, che Vitruvio chiama opus tessellatum dalle tessellae o dadi rettangolari di che era composto. (2). Il lavoro di siffatto mosaico al Celio è oltremodo negletto, e la disposizione delle pietre irregolare; perciò facilmente opera del secolo quarto. Anche le ale, del cavaedium, almeno in quella parte che sola fu da me esplorata, vennero pavimentate in tal modo.

Neppure mancarono nella nobile dimora pavimenti di maggior lusso: il mosaico fino a disegni geometrici bianco e nero, o giallo, rosso e verde, sì comune in tutti gli edifizi romani dei tempi dell'impero; l'opus sectile, che si faceva con pezzi di marmo di vario colore, che Plinio chiama crustae (3) e Vitruvio sectilia (4), ed erano tagliati a triangoli, pentagoni, esagoni, rombi o circoli, i quali commessi insieme con bell' ordine, componevano disegni di ammirabile varietà. Il serpentino, il palombino, il porfido, combinati col bianco

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e più sovente col giallo, sono al Celio, come a Pompei ed altrove (1), le pietre dominanti in questo genere sì bello di ornato. La copia straordinaria di crustae disgregate ovvero composte in più o men grossi frammenti, che ho trovato nello sterro, ci dà a divedere che molte furono le stanze degli appartamenti dei santi Martiri in simil guisa pavimentate. Del solo opus musivum non ho trovato certo indizio, vò dire di quel mosaico, in cui invece di pietre naturali e marmi di vario colore, si adopravano il vetro, lo smalto od altra pasta (2); ed in cambio di semplici ornati, vi si soleano ritrarre figure nelle loro naturali forme e colori (3). Dissi poi certo indizio, perciocchè i molti pezzi che di quest' opus ho raccolti, di figure cioè su fondo d'oro, deve credersi che appartenessero non alla decorazione della casa del quarto secolo, ma bensì a quella della basilica del quinto. E ciò basti a dimostrare, come neppure da questo lato la domus caelimontana la cedesse alle ricche dimore romane della stessa età.

(1) NIBBY, op. cit., p. 291.

(2) FURIETTI, De Musiris, cap. I. pag. 2. - MINUTOLI, Ueber die Anfertigung und die Nutzanwendung der farbiger Gläser bei dem Alten, pag. 15.

(3) PLINIO, XXXV, 1.

CAPO QUARTO.

Di alcune parti speciali della Casa

e singolarmente delle sue celle e dei suoi bagni.

In maniera assai più precisa che non è presso di noi, si distinguevano nelle agiate dimore degli antichi tre parti diverse, cioè l'appartamento nobile della famiglia, le camere o dormitorii della gente di servizio, e le così dette celle, dove si lavorava e dove si teneva riposta e custodita la roba pei bisogni della vita domestica. E queste tre parti si distinguono assai bene eziandio nella casa dei santi Giovanni e Paolo. Alla prima spettano le dieci stanze poste dietro il cavaedion, fra le quali abbiamo potuto discernere con tutta sicurezza il tablino, a cagione della sua forma particolare e della positura del suo luogo, ed il triclinium, o sala da desinare, a cagione delle pitture decorative che vi si ammirano, e che saranno da me descritte a suo luogo. E spettano ancora a questa parte nobile della casa varie altre sale tuttavia sepolte sotto le macerie e ripiene di terra, ed alcune di più speciale uso, come sono i bagni, dei quali tra breve favellerò. Alle altre due parti spettano molte stanze del pianterreno e dei piani superiori, e da queste incomincio il mio discorso, studiandomi e coll'aiuto degli autori classici, e con opportuni confronti, di dire intorno ad esse tutto quel tanto che di più certo si può asserire in tal proposito.

Per la vita molle e fastosa degli antichi romani il numero dei servi non era mai troppo. Finchè si

mantenne in vigore la legge inumana della schiavitù, gl'infelici che vi soggiacevano si vendevano e si compravano sui pubblici mercati come ogni altra merce, tanquam res, ed ogni famiglia voleva averne, e la ricchezza di una casa si stimava dalla quantità degli schiavi che in essa servivano (1); nè erano poche, dice Plinio, quelle che ne aveano intere legioni: mancipiorum legiones (2). Di questi schiavi alcuni erano esterni, che lavoravano fuori di casa, ed altri interni, che dentro la medesima casa erano occupati in diversi servigi determinati, secondo i quali prendevano ciascuno un nome particolare (3). I primi abitavano dove meglio potevano, i secondi aveano per lo più il loro alloggio nel palazzo stesso dei loro padroni. Quantunque i cristiani di agiata condizione avessero appreso dal Vangelo a non abusare dell'infelice sorte degli schiavi, pur tuttavia seguendo il costume del tempo, ebbero i loro schiavi anch'essi, e non in piccolo numero.

Questo ho voluto dire qui per ispiegare il perchè di tanta e sì larga copia di stanze nella casa dei santi Giovanni e Paolo, addette alla gente di servizio. Secondo che io penso, spettano ivi a tal destinazione parecchie camerette al pianterreno, disposte presso l'atrio e le cripte, da me esplorate, ma non aperte. La loro altezza è poco maggiore di due m. e mezzo. Sopra di esse vi è un intero piano di altre simili cellette, le quali in pianta occupano tutto lo spazio che corre fra l'appartamento nobile ed il termine

(1) GIOVENALE, III, 141.

(2) PLINIO, XXXIII, 26.

(3) ULPIANO, Digesto XIV, 4, 5; XLVII, 10, 15.

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